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16/Gen/2018

I problemi oculari connessi all’uso del Plaquenil e della Clorochina nei malati di lupus eritematoso: effetti sulla retina

Il lupus è una malattia autoimmune che può colpire isolatamente la pelle (lupus discoide) o diversamente avere un aspetto più generalizzato con interessamento delle articolazioni (artriti), dei reni (glomerulonefrite lupoide), cuore (arterite delle coronarie).

Le donne risultano più colpite specie tra 17 e 40 anni. I sintomi sono differenti a seconda che ci sia un interessamento sistemico con malessere, febbre, artrite, decadimento fisico generale. o che riguardi solo la pelle.

Lupus discoide; si osservano lesioni rossastre a forma di disco ma anche ovalari, pruriginose. Le chiazze biancastre dovute a sfaldamento dell’epitelio e del sottocutaneo.

 

Lupus; si osserva tipico eritema a farfalla

Terapia per il trattamento del lupus e effetti collaterali sulla retina

La terapia più usata per il trattamento del lupus sia discoide che sistemico è l’Idrossiclorochina (Plaquenil), anche se a volte è utilizzata la clorochina; quest’ultima terapia era però più usata in passato.

A questo principio attivo è spesso associato l’uso del cortisone e, in alcuni casi, anche farmaci immunosoppressori.

Purtroppo l’uso di Plaquenil e di Clorochina può comportare gravissimi danni alla retina fino alla ipovisione con danni del campo visivo riguardanti la visione centrale (ad esempio in casi più gravi, possono presentarsi scotomi centrali assoluti o relativi con perdita grave del visus)

Effetto collaterale comune del farmaco è offuscamento della vista, dovuto a disturbi dell’accomodamento, che sono il più delle volte dipendenti dalle dosi assunte e reversibili.

Effetti collaterali meno comuni sono retinopatia, con modifiche della pigmentazione, e difetti del campo visivo; nella sua forma iniziale, la retinopatia sembra reversibile con l’interruzione della terapia con idrossiclorochina. Se però la patologia ha la possibilità di svilupparsi, il rischio di progressione è possibile, anche dopo la fine del trattamento.

I pazienti con modifiche a livello della retina possono essere inizialmente asintomatici, o possono avere visione scotomatosa con anello paracentrale e pericentrale, scotomi temporali ed alterata percezione del colore. Sono state segnalate modifiche corneali che comprendono edema e opacità, che possono essere asintomatiche o possono causare disturbi come aloni, offuscamento della vista o fotofobia; questi segni ed i sintomi associati possono essere transitori o reversibili dopo l’interruzione del trattamento.

Sono stati inltre segnalati casi di maculopatie e degenerazione maculare che possono essere irreversibili.

L’effetto del farmaco a livello retinico osservato tramite esame OCT mostra irregolarità del profilo retinico con ampi depositi di lipofuscina (prodotto di degradazione delle cellule neuronali) sull’epitelio pigmentato retinico; quest’ultimo rappresenta la struttura biochimica per la produzione di dopamina, il neuromediatore che permette una buona funzione delle cellule ganglionari. In alcuni casi si osservano microdepositi sul tipo drusen fra i vari strati retinici.

Sull’epitelio pigmentato si osservano numerosi depositi di lipofuscina, specie in regione sottomaculare. Si tratta di paziente che per 17 anni ha fatto uso di clorochina per lupus discoide. Si osservi anche la modificazione del profilo retinico in cui l’escavazione foveale è meno accentuata. Piccoli depositi di materiale lipo-proteico si osservano anche negli altri strati della retina.

Terapia per la cura dei danni retinici

Normalmente i testi riportano che non esiste terapia specifica per il trattamente di queste lesioni retiniche.

Tuttavia, il linea teorica, è possibile avere dei miglioramenti utilizzando farmaci antiossidanti potenti e a giusto dosaggio come l’idebenone, già utilizzato nell’atrofia ottica di Leber, per prevenire la morte delle cellule nuronali agendo sulla loro fonte biochimica di energia cioè il mitocondrio.

In seconda analisi, bisogna rifornire la retina di dopamina essendo l’epitelio pigmentato retinico il suo maggior produttore soffocato dalle scorie. Senza questo neuromediatore le cellule ganglionari muoiono lasciando in dote scotomi e perdita della vista.

Successivamente occorre ripulire l’epitelio pigmentato dalla lipofuscina. Due farmaci efficaci in tal senso sono la vitamina E sotto forma di olio o l’acido lipoico.

Con queste due associazioni sono riuscito nel giro di 3 mesi a ridurre depositi di lipofuscina e drusen di una paziente venuta precocemente con depositi insorti ad 1 anno dall’itervento di cataratta. Essi avevano comportato la riduzione del visus da 10/10 a 3/10. Il visus attuale è di 8/10.

 

 

 


17/Nov/2017

La malattia di Stargardt colpisce un individuo su 10.000 ed è dovuta alla mutazione del gene ABCA-4 nei fotoricettori; la mia esperienza professionale mi ha portato alla formulazione di una ipotesi terapeutica.

Nelle malattie genetiche come la Stargardt, prima che la terapia genetica che utilizza come vettori dei lenti virus trasportatori di DNA specifico a modificare l’alterazione genetica diventi attuale, occorre formulare una terapia che possa permettere ai pazienti affetti di poter essere sottoposti a cure futuribili senza prima essere diventati ciechi.

L’immagine retinica mostra nella zona maculare depositi giallognoli di lipofuscina. Ciò definisce un quadro tipoco della Stargardt.

Qualche anno fa anche malattie genetiche come le atrofie ottiche venivano considerate incurabili. Eppure, con adatte terapie documentate da test di laboratorio, attualmente ho in cura pazienti che sono riusciti a recuperare visus da 1 dino a 5/10 con miglioramento del campo visivo importante diagnosticato anche da altri centri specialistici. E’ noto che pazienti con Stargardt devono seguire una dieta opportuna facendo molta attenzione all’apporto di vitamina A.

Un eccesso di questa vitamina viene trasformato dal gene mutato in derivati tossici che noi percepiamo all’esame del fundus come depositi giallognoli sottoretinici di lipofuscina.

In figura si evidenziano i depositi giallastri di materiale lipoproteico (drusen) associabile a quello comunemente definito lipofuscina. Il deposito si trova sotto ai fotoricettori retinici (in marrone) sotto l’epitelio pigmentato; con il neuromediatore dopamina determina il giusto funzionamento delle cellule ganglionari.

Come per la sindrome di Leber, andrebbe usato l’idebenone che, bloccando i radicali liberi che inibiscono l’ATP-mitocondriale (fonte energetica essenziale per le cellule nervose) permette alle cellule retiniche di non”morire di fame” per la carenza di fonti energetiche.

Levodopa – Idebenone – Vitamina E

Anche la levodopa, che studi amenricani hanno utilizzato per combattere la neuropatia ottica ischemica oltre alla maculopatia, potrebbe essere utile essendo una fonte di dopamina, neurotrasmettitore responsabile del “dialogo” tra cellule ganglionari senza le quali si arriva ad una maculopatia associata ad atrofia ottica. Infine un terzo fattore da considerare è la vitamina E (Alfa-tocoferolo); ad alti dosaggi che agisce sulla lipofuscina presente nel cervello e quindi per analogia anche sui recettori retinici; tutto ciò per la sua potente azione antiossidante e per la capacità di potenziare gli effetti della vitamina A a livello delle menbrane cellulari.

Quindi in conclusione l’associazione di idebenone, vitamina E e dopamina, può. almeno teoriacamente, contrastare la formazione di lipofuscina. Naturalmente ci vorranno anni per stabilire se questo approccio sia efficace a livelli significarivi. In ogni caso ritengo che, vista la facile reperibilità ed il costo moderato di queste sostanze, può valerne la pena.



Dr. Carmine Ciccarini

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